Il tumore del corpo utero colpisce la parte superiore dell’organo, in cui trova alloggio il feto durante la gravidanza. Questa porzione dell’organo è costituita da tre tipi di cellule: quelle epiteliali e ghiandolari costituiscono il rivestimento interno dell’organo (endometrio), quelle muscolari lo strato più esterno (miometrio) la cui contrazione è fondamentale ai fini dell’espulsione del neonato al momento del parto.
I tumori più diffusi del corpo dell’utero hanno origine nell’endometrio: corrispondono all’incirca all’ottanta per cento delle nuove diagnosi e riguardano quasi sempre donne in menopausa (tra i 50 e i 70 anni). In questi casi si è quasi sempre di fronte a un adenocarcinoma, dal momento che la malattia colpisce il tessuto ghiandolare.
Si parla invece di sarcomi uterini quando la malattia ha origine dallo strato più esterno del corpo uterino, composto da cellule muscolari. Queste neoplasie sono più rare ed eterogenee. In particolare i leiomiosarcomi originano nel miometrio e comprendono circa il due per cento di tutti i tumori del corpo dell’utero, mentre i sarcomi endometriali stromali nascono nel tessuto connettivo che fornisce supporto all’endometrio e rappresentano l’un per cento dei tumori uterini.
Esistono inoltre forme che presentano caratteristiche miste tra adenocarcinomi e sarcomi, definite carcinosarcomi uterini. Tutti i tumori del corpo dell’utero sono in genere classificati secondo quattro stadi: al primo stadio la massa è confinata al corpo uterino; al secondo il tumore ha raggiunto la cervice uterina, pur essendo ancora limitato all’utero; al terzo ha invaso altre zone dell’area pelvica; al quarto stadio il tumore si è diffuso nell’addome (vescica-retto) e può aver metastatizzato in tessuti distanti (come polmoni e ossa).
Sintomi e diagnosi
Segno tipico del tumore del corpo dell’utero è il sanguinamento vaginale è il sintomo più importante: può essere post-coitale, o intermestruale o del tutto inaspettato (come in menopausa). Se la malattia è in fase avanzata, il sanguinamento può essere accompagnato da un dolore pelvico che può arrivare a riguardare anche gli arti inferiori e alla perdita di peso (anche in periodi in cui non si è seguita una dieta dimagrante).
L’aumento delle secrezioni vaginali anomale può essere un altro segno della neoplasia. La diagnosi del tumore del corpo dell’utero avviene a opera del ginecologo, a cui solitamente ci si rivolge per andare alla radice delle cause di un sanguinamento. L’ecografia transvaginale è il primo esame a cui viene sottoposta la paziente, per valutare un eventuale ispessimento della mucosa dell’endometrio.
In tal caso, si effettua una biopsia, per analizzare in laboratorio la natura delle cellule epiteliali. L’indagine ormai più utilizzata a tal fine è l’isteroscopia, che permette al ginecologo di visualizzare la cavità dell’utero attraverso una piccola videocamera posta all’apice dello strumento (isteroscopio) ed eventualmente procedere al prelievo del tessuto. Una volta completata la diagnosi in loco, il ricorso alla diagnostica per immagine (Tac, risonanza magnetica, Pet) è necessario per valutare l’eventuale diffusione della malattia ai linfonodi o ad altri organi.
Cura
Il trattamento di un tumore del corpo dell’utero dipende anche dallo stadio a cui viene diagnosticato. Tre sono comunque i possibili approcci: chirurgico, chemioterapico e radioterapico (talvolta in associazione). L’isterectomia radicale, attraverso un’incisione sulla parete addominale o passando dalla vagina, rappresenta l’opzione terapeutica adottata con maggiore frequenza.
Nei casi in cui la malattia è a uno stadio più avanzato, considerando anche che la neoplasia insorge quasi sempre in donne in menopausa (l’isterectomia comporta la perdita della fertilità), si può decidere anche per l’asportazione delle ovaie e delle tube di Falloppio.
L’intervento chirurgico può essere seguito dalla radioterapia, che in questo caso può essere anche interna. La brachiterapia è possibile inserendo attraverso la vagina piccoli ovuli in grado di emettere radiazioni una volta giunti nella cervice uterina. In ogni caso, la radioterapia non preclude la possibilità di rimanere incinta dopo la malattia (a patto di aver effettuato un trattamento di preservazione della fertilità). Meno utilizzata è la chemioterapia, che trova spazio nelle forme più avanzate e infiltranti del tumore del corpo dell’utero. In ambito farmacologico – nei casi in cui dall’analisi istologica sia emerso che il tumore presenti particolari recettori per gli estrogeni o per i progestinici – è possibile fare ricorso anche all’ormonoterapia, somministrando sostanze in grado di bloccare l’attività ormonale, considerata uno dei fattori di crescita della malattia.
Prevenzione
A differenza di quanto accade per il tumore della cervice uterina, in questo caso non esistono strumenti di prevenzione primaria (vaccinazione) o secondaria (screening di popolazione). L’età rappresenta sicuramente il primo fattore di rischio per la malattia, dal momento che è molto rara la diagnosi del tumore del corpo dell’utero in una donna giovane adulta (entro i 50 anni). Occorre inoltre porre attenzione in presenza di uno stato di sovrappeso o obesità o se già in possesso di una diagnosi di diabete di tipo 2.
Le tre condizioni sono infatti risultate associate a una maggiore incidenza della malattia, dal momento che il tessuto adiposo è ormai considerato un organo secernente ormoni e il tumore del corpo dell’utero è più frequente nelle donne che presentano livelli elevati di estrogeni (o bassi di progesterone).
Motivo per cui vengono considerati dei fattori di rischio, comunque non specifici, i seguenti: menarca precoce, menopausa tardiva, mancanza di gravidanze, sindrome dell’ovaio policistico, precedenti tumori secernenti estrogeni.
L’assunzione di terapie ormonali sostitutive a base di soli estrogeni (usate per esempio all’insorgenza della menopausa) può aumentare il rischio. Al contrario, l’assunzione di estrogeni combinata a progesterone, come nel caso della pillola anticoncezionale, non sembra aumentare il rischio di contrarre un tumore all’utero e anzi sembrerebbe avere un’azione protettiva.